Radici

con Nessun commento

Geografie identitarie

« L’illegalità è una conseguenza dei confini, non la loro causa. »

Shahram Khosravi
STEREOTIPI

La cittadinanza come categoria linguistica, socio-culturale ed economica crea un sentimento di appartenenza alla nazione, la quale ha bisogno di cittadini per costituirsi come attore geo-politico sulla sfera globale. Gli stati-nazione esercitano pressione a livello legale e sociale affinché le identità vengano definite in concordanza con la cittadinanza. Questo si traduce in un obbligo di dimostrare appartenenza e integrazione al paese indicato sul passaporto o, in assenza di documenti, presso il quale si chiede ospitalità.

Relazionandoci, siamo alla ricerca costante di riconoscimento, di un riflesso nello sguardo altrui, che ci riveli una parte di noi che ci è dato conoscere esclusivamente nello scambio. L’idea di un bisogno di riconoscimento intrinseco e fondamentale è legata alla sacralizzazione delle origini. 

DISCRIMINAZIONI

La figura dell@ migrante, così come la sua discendenza, diventano elementi perturbanti in quanto ambigui, propri di una condizione precaria e liminale. Il carattere ambivalente dell’identità migrante sfida i limiti di una categoria come la cittadinanza, che si rivela limitante a causa della sua tendenza essenzialista e semplificatrice.

La discriminazione fa parte della costruzione identitaria della nazione: produce cittadini marcando un’opposizione tra “noi” e gli “altri” tra “buoni” e “cattivi”, tra legalità e illegalità, sicurezza e rischio,

Anderson definisce il nazionalismo come un “artefatto culturale” in cui l’invenzione di frontiere territoriali, unita alla sovranità, crea lo Stato. La persona migrante è definita per negazione, come non-appartenente al gruppo dominante e diventa un “non-soggetto sociale” o, per dirla con Khosravi, un “sotto prodotto, un residuo, diverso, indesiderato, pericoloso, contaminato, persino non umano”.

GUARDARE OLTRE

Le rappresentazioni identitarie di frontiera sono un esempio di una pratica sociale al margine e, per questo, potenzialmente minacciosa per le esigenze istituzionali perché mette alla prova categorie strutturali determinanti.

L’importanza dell’esercizio intellettuale di guardare oltre risiede proprio nella sua capacità di far vacillare queste categorie, il loro uso ed abuso e la loro abitudine di plasmare la realtà socio-politica e farsi strumenti normativi.

Foucault rivendica il lato pratico della soggettività che si manifesta nelle relazioni sociali. Nell’alternativa creata dall’incontro riconosco la parzialità e la precarietà della mia rappresentazione identitaria. Nel momento il cui smette di essere essenzializzante, l’identità smette di limitarsi alla prima persona e include forme di alterità e differenza. Per Ricœur identità e diversità partecipano, insieme, nella costruzione narrativa del «sé stesso». 

Per Sayad la condizione migrante è il luogo controverso di una “doppia assenza”: non appartiene più alla terra d’origine, ma neppure a quella di accoglienza. È però anche il luogo di una doppia presenza. Brubaker e Cooper ci consigliano l’identificazione come termine “attivo e processuale”. Sostituire la cittadinanza e l’identità con l’atto d’identificarsi significa accettare l’arbitrarietà della frontiera come componente fondamentale dell’interazione umana e restituire potere d’azione a chi, spostandosi, “incarna” il confine con il proprio corpo (Khosravi).

La campagna sui social

Stereotipi · Discriminazioni · Guardare oltre · Minoranze · Dati · Soggettività


BIBLIOGRAFIA

  • ANDERSON Benedict. 2006 [1983]. “Imagined Communities. Reflections on the Origin and Spread of Nationalism”. Londra: Verso.
  • BRUBAKER Rogers e COOPER Frederick. 2000. Beyond identity”. In Theory and Society. Paesi Bassi: Kluwer Academic Publishers. 47 p.
  • FOUCAULT Michel. 2008. “Discipline, poteri, verità. Detti e scritti (1970-1984)”. Torino: Marietti. 264 p.
  • KHOSRAVI SHAHRAM. 2019. “Io sono confine”. Milano: elèuthera. 240 p.
  • RICŒUR Paul. 2016. “Sé come un altro”. Milano: Jaka Book. 494 p.
  • SAYAD Abdelmalek. 2002. “La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato”. Milano: Raffaello Cortina. 424 p.

Lascia una risposta